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Abbandonare la vocazione al sacrificio

In cammino verso l'Amore Sano e via dal sacrificio | Dipendiamo.blog

Quante volte ci siamo donate senza ascoltare i nostri veri bisogni? Quante volte ci siamo dette, anche inconsciamente:

“Sarò così brava e così presente che non potrà fare a meno di me, non mi abbandonerà!”.

Le storie di Dipendenza Affettiva si muovono più o meno tutte intorno a questi circoli viziosi. Ricercando l’amore che riteniamo di non aver avuto a sufficienza nel passato, ci annulliamo per gli altri nel presente, perché non ci abbandonino o comunque non ci facciano provare nuovamente quel vuoto che una relazione finita può provocarci. In questo modo, però, si generano esperienze di mancato equilibrio tra ciò che doniamo e ciò che riceviamo, esperienze che, a lungo andare, possono rivelarsi estremamente distruttive.

La società in cui viviamo, poi, se non mettiamo i bisogni degli altri prima dei nostri, ci insinua costantemente sensi di colpa. Risultato: la perdita totale di ciò che siamo.

La storia di Arabella nel libro “La principessa che aveva fame d’amore” racconta proprio di questa malsana vocazione al sacrificio che, tra l’altro, ci espone, nel tempo, ad un rischio altamente maggiore di essere abbandonati e di non avere nemmeno la stima di coloro per i quali ci siamo annullati.

Come ci ricorda il manifesto di Charlie Chaplin:

Quando ho cominciato ad amarmi davvero, mi sono liberato di tutto ciò che mi tirava verso il basso allontanandomi da me stesso; all’inizio lo chiamavo “sano egoismo”, ma oggi so che questo è “l’amore di sé”.

Copertina “L’aggiustacuori”

Per meglio spiegare e rappresentare questo concetto, voglio utilizzare l’albo illustrato “L’aggiustacuori” di Arturo Abad e Gabriel Pacheco (Logos Edizioni), il quale ci mostra quali possono essere le conseguenze della perdita di reciprocità nelle relazioni.

Infatti, l’aggiustacuori ci apre le porte di un laboratorio meraviglioso in cui non si aggiustano scarpe né ombrelli, dove non si restaurano mobili e non si rammendano pantaloni. Con la cura tipica dell’artigiano, infatti, Mattia ripara cuori spezzati. Ma il suo lavoro non ha nulla a che vedere con quello di un cardiologo…

Prosegui la lettura per scoprire la storia che questo albo illustrato vuole trasmetterci e come preservare il nostro cuore dalla vocazione al sacrificio. Clicca in basso e continua la lettura!

Mattia, nel suo laboratorio, aggiusta cuori: scalda i cuori gelidi e ricuce quelli infranti. E modella cuori: cuori teneri, di marzapane, trasparenti, di cristallo. Quando giunge la primavera, Mattia va a fare visita alla sua “amata” Beatrice con un cuore sottobraccio.

“Mattia fabbrica cuori per lei, perché Beatrice un cuore non ce l’ha”.

Ma la ragazza non lo considera, dimentica il suo regalo su una mensola e freddamente lo congeda dalla finestra. Così Mattia ritorna al suo laboratorio con il petto un pò più vuoto perché in ogni cuore che lui dona nasconde un pezzo del suo.

Quando ci doniamo senza misura, cediamo gratuitamente parte del nostro cuore e, inevitabilmente, ci sentiamo svuotati e privi di linfa vitale: moriamo emotivamente. Proprio come accade all’aggiustacuori che, in una notte di autunno, quando sta per finire l’ennesimo regalo per Beatrice, si accorge che gli rimane solo un minuscolo frammento di cuore e se ne priva.

La primavera seguente, Beatrice, non ricevendo la sua visita, lo va a cercare nel suo laboratorio e lo trova riverso su una sedia, immobile e con il petto vuoto. Spaventata, corre a prendere tutti i regali che Mattia le aveva portato negli anni e, mandandoli in mille pezzi, recupera i resti del suo cuore, che si trovano all’interno, e inizia a ricomporli nel suo petto.

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Ma non appena lui si riprende, lei se ne va sbattendo la porta esortandolo a non provocarle più un tale spavento. E la primavera successiva, nuovamente Mattia porta un cuore a Beatrice che lo accetta con poco entusiasmo e, senza dire nemmeno grazie, lo abbandona sulla mensola. Ma questa volta lo saluta dalla finestra con un cenno di sorriso perché, nel rimettere insieme il cuore di Mattia, la ragazza ne ha tenuto un pezzetto per sé.

“Grazie a quel pezzettino, Beatrice ha imparato a sorridere da dietro le finestre e, da allora, ogni primavera aspetta il ritorno di Mattia“.

Il sacrificio non fa amare se stessi, e quindi nemmeno gli altri

Questa storia di reciproca dipendenza, ci insegna a mantenere sveglia la consapevolezza sui nostri bisogni, senza dimenticare anche quelli che sono i nostri doveri, primo fra tutti quello di amare e manifestare la nostra vera natura.

L’amore è l’unica soluzione e l’unica via. Per tutti.

Come riporta lo psicologo Osvaldo Poli nel libro “La mia vita senza di me” (di cui consiglio vivamente la lettura):

“È facile immaginare che nel Giudizio finale la domanda a cui ognuno dovrà rispondere sarà: Che ne hai fatto di te stesso, dell’identità che ti era stata affidata per un ben preciso compito?”

Onoriamo quel compito e prendiamoci la responsabilità della nostra realizzazione! Con Amore!

Leggi ancora e scopri l’attività che proponiamo, per ascoltare dal nostro cuore i messaggi di unicità e unione che ci permetto di ascoltare noi stessi in modi nuovi. Clicca in basso e continua la lettura!

Troviamoci un luogo tranquillo e sediamoci a coppie schiena contro schiena. Poniamo davanti a noi un foglio e una penna. Se lo gradiamo, possiamo utilizzare una musica rilassante come accompagnamento. Chiudiamo gli occhi. Poniamo le mani sul nostro cuore e ascoltiamo il suo battito, la vita. Il nostro cuore si fa sentire in tutta la sua manifestazione.

Scegliamo un’esperienza positiva, una persona che amiamo, qualcosa che ci gratifica…e portiamo lì la nostra attenzione. Immagini di amore, pace e serenità ci accompagnano. Soffermiamoci in questo “sentire nel cuore”. Sorridiamo.

Quando il cuore è colmo di gioia, cominciamo a sentire i nostri confini, la nostra pelle. Ne assaporiamo la consistenza, il colore, il profumo.

E sentiamo che il nostro confine tocca un altro confine: quello dell’altro. Dove sono i punti di contatto? Sentiamo la sua schiena, il calore che produce. Il calore dell’altro si perde nel nostro confine. E percepiamo il battito dell’altra persona. L’ascolto del suo battito ci emoziona. Sostiamo in questo ascolto e percepiamo cosa produce.
Ora ci stacchiamo delicatamente dalla schiena dell’altro. Quale sensazione ci produce questo distacco? Poniamo nuovamente le mani sul nostro cuore e riattiviamo il contatto con noi stessi.

Poi, con tutta tranquillità, riapriamo gli occhi e sul foglio davanti a noi scriviamo un messaggio da donare al nostro compagno di cuore.

Sarà bellissimo scambiarsi questo dono puro e incondizionato, frutto della nostra Unicità e della nostra Unione.

Chiara Manzini: Curatrice della sezione "Educazione all'amore sano" Lavora nell'ambito delle risorse umane. Scrittrice e lettrice, cura progetti e laboratori creativi per ragazzi e adulti. Vive in provincia di Modena ed è felicemente mamma di due ragazzi adolescenti, che sono per lei fonte di grande ispirazione e quotidiano apprendimento.
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