In questo articolo utilizzo il film animato della Disney “Raya e l’ultimo drago” per descrivere il ruolo fondamentale che la fiducia ha nelle relazioni, e come la perdita e la faticosa riconquista descritta nel film sia simile ai meccanismi della Dipendenza Affettiva, proprio quando si parla di ritrovare la fiducia nelle relazioni.
La storia di Raya: colei che vuole salvare il mondo
La storia narra di un regno, Kumandra, una terra meravigliosa in cui i draghi vivono in sintonia con gli umani, garantendo la pace. La terra di Kumandra è suddivisa in diversi regni: Coda, Artiglio, Dorso, Zanna e Cuore.
Raya, la protagonista, è la principessa del regno di Cuore, ed è figlia del capo Benja; vive con il padre insieme agli abitanti della loro regione, la quale ospita l’ultimo residuo di magia della draghessa Sisu, unica sopravvissuta fra i draghi che hanno sconfitto cinquecento anni prima i Druun, ammassi di rancore e risentimento che, al loro passaggio, trasformano le persone in pietra. Questa magia risiede in una preziosa Gemma, che viene custodita proprio dal padre di Raya, in un posto segreto nel regno di Cuore. Il padre di Raya cerca di proteggere la reliquia dalle ambizioni degli altri popoli, diventati più egoisti e diffidenti dopo la scomparsa dei draghi. Questo fa di lui il Guardiano della Gemma del Drago, ruolo che toccherà un giorno proprio a Raya.
Raya, stanca dei conflitti esistenti fra i diversi regni, cerca, con l’aiuto del padre, un tentativo di riconciliazione. Colpita dalla apparente sensibilità della principessa Namaari, figlia della regina del regno di Zanna, si fida di lei, confidandole il suo intento di pacificazione; quest’ultima, tuttavia, la inganna e scaglia un attacco per rubare la Gemma, che, contesa egoisticamente fra i capi dei regni, durante il tentativo di rapimento, finisce in frantumi: i vari pezzi vengono rubati proprio da questi ultimi.
Questo disastro causa il ritorno dei Druun, portando una serie di catastrofi nella terra di Kumandra. L’unica speranza che resta è quella di recuperare i frammenti della reliquia custoditi gelosamente in ogni regione di Kumandra; sarà proprio Raya a volerlo fare. Ma in quest’impresa non sarà sola: riesce infatti a evocare Sisu, l’ultimo drago (in realtà draghessa) esistente, che la guiderà in questo lungo e arduo viaggio.
Raya e la fiducia tradita
La prima caratteristica che emerge nella nostra protagonista Raya all’inizio della vicenda è sicuramente la fiducia: quando il padre riunisce i regni per cercare di ristabilire la pace, Raya sente di potersi fidare in modo particolare di Namaari, figlia della regina di Zanna. Tuttavia, viene subito ingannata e tradita e ciò che questa delusione le lascerà è un grande senso di sfiducia e diffidenza: non solo non si fiderà più di Namaari, ma farà moltissima fatica a fidarsi anche delle altre persone. Dopotutto, quel tradimento, è costato la fine definitiva della pace fra i regni, ma anche la perdita del suo adorato padre, trasformato in pietra dai Druun.
Namaari invece è una principessa molto ambiziosa, forse troppo, il che la rende poco sensibile e addirittura cieca di fronte ai buoni propositi che fin da subito Raya le propone. Quello che però lo spettatore comprende nel corso della vicenda, è che il suo odio nei confronti di Raya, non viene dal profondo del suo cuore, ma è un costrutto sociale, un “valore” che ha respirato fin da bambina, a causa della rivalità che caratterizza i regni da moltissimo tempo.
Il personaggio che redimerà le due principesse lo troviamo in Sisu, l’unica draghessa sopravvissuta al disastro, che viene rievocata da Raya. Sarà proprio lei, facendo compiere alla protagonista un lungo e faticoso viaggio, a farle riscoprire il valore della fiducia reciproca.
Il cambiamento parte dentro di sé
Quello che è molto interessante, è l’evoluzione che Raya mette in atto: inizialmente la ragazza era convita che facendo tornare in vita l’unico drago rimasto, questo avrebbe risolto tutti i problemi e le diatribe che allontanavano i popoli fra loro: aveva dato fiducia ad un qualcosa di magico, in grado, secondo lei, di far tornare la pace.
Ma ben presto scopre che le cose non stanno così: Sisu le sarà di aiuto durante la sua missione, dandole informazioni e consigli fondamentali, ma non sarà lei a trovare la soluzione ai conflitti, poiché quella va cercata dentro di sé.
Ciò che colpisce, è che durante il suo viaggio, Raya cerca continuamente di instaurare legami per riuscire nella sua impresa: anche se non funziona, anche se fallisce più volte, anche se la sua fiducia viene messa alla prova e purtroppo tradita, alla fine il recupero della speranza è ciò che le permette di riuscire, non solo a salvare Kumandra, ma anche di recuperare il rapporto con Namaari, la sua acerrima nemica.
La fiducia come sentimento per riscoprire l’incontro con l’altro
Il filo rosso che accompagna questa bellissima storia ruota attorno al concetto di fiducia, rivolta non solamente verso sé stessi e le proprie risorse, ma soprattutto verso gli altri, verso le persone che abbiamo vicino e con cui condividiamo la nostra vita. In un mondo dove tutti guardano solo a sé stessi, dove le relazioni sono guidate da interessi egoistici e opportunismo, la riscoperta del sano incontro con l’altro, possibile grazie alla fiducia, è proprio ciò che permette a Raya, e a tutti quanti, di salvare il mondo, il regno di Kumandra, il quale sta ad indicare proprio la solidarietà con l’altro: questa Terra infatti è composta da diversi regni che simboleggiano ciascuno una parte del corpo di un drago (cuore, zanna, artiglio, coda e dorso), proprio per indicare l’importanza di ognuno di noi nel formare un’unione.
La mancanza di fiducia nella dipendenza affettiva – l’amore “cactus”
Anche se il collegamento non sembra immediato, questo film d’animazione ha molto a che fare con la tematica della dipendenza affettiva: quante volte, quando uscite dal circolo vizioso della dipendenza, molte donne poi non riescono più a fidarsi di nessun uomo? Quanto volte si innesca come conseguenza la paura delle relazioni?
L’origine di questa mancanza di fiducia nell’altro è proprio quella che ritroviamo nella storia di Raya: quando per troppe volte ci si “scotta” con esperienze amorose drammatiche, quello che succede è che il sentimento della sfiducia, dettata dalla paura, prende il sopravvento, bloccando ogni spinta emotiva verso l’altro: è quello che presso il Centro Dipendiamo è stato chiamato, attraverso una metafora, “amore cactus”. Questa immagine vuole simboleggiare proprio le spine e quindi la diffidenza, i sentimenti attraverso i quali si entra in relazione con l’altro in seguito ad esperienze negative di cui si è presa consapevolezza.
Spesso molte donne che riescono ad uscire dalla dipendenza affettiva si trovano poi a dover superare un’altra sfida: quella di riuscire a ritrovare la fiducia nelle relazioni; non c’è nessun elemento magico, proprio come la draghessa Sisu ci insegna, che possa cambiare la situazione, non avvengono miracoli.
È dentro di noi che deve scattare il meccanismo tale per cui l’altro assume un nuovo ruolo: non più colui che ci salva, e nemmeno colui di cui bisogna avere paura e sospetto, ma una persona che può essere ricca di risorse e che può rendere la nostra vita migliore di come crediamo.
“La vita è come un’eco: se non ti piace quello che ti rimanda, devi cambiare il messaggio che invii” – James Joyce