Una relazione in cui manchi la reciprocità, che sbilanci la coppia e la polarizzi distinguendo un adorante che insegue e un adorato che fugge, o detta le regole del gioco, o si compiace del fascino e del potere che è in grado di esercitare, non può definirsi d’amore.
Può chiamarsi Dipendenza Affettiva e avere a che fare più con l’ossessione per l’altro e la ricerca di un rimedio al proprio vuoto affettivo.
Nel brivido dell’incertezza di volersi, nel silenzio che lascia in attesa di un ritorno, nel fuoco passionale che arde e consuma, nel buio di prospettive, nell’incessante sfida con sé stessi a fare di più e meglio, per rendersi amabili, si ritrova quella scossa che distrae ma che non risolve la carenza d’affetto originaria.
Vivere queste relazioni disfunzionali è un pò come stare sulle montagne russe, abbandonati totalmente all’euforia che dalla vetta porta al precipizio lasciando disorientati dalla sofferenza che si prova.
Quando si scende dalla giostra, il peso del reale soppianta la leggerezza di poco prima e dubbi, paura dell’abbandono, della solitudine invadono la mente che si interroga sui comportamenti disimpegnati del partner di cui ci sia assume la colpa.
Le accuse vengono rivolte alla propria incapacità e imperfezione:
“mi assumo la colpa del fatto che non mi ami, come potresti se sono sbagliata? Ma mi impegno grazie a te a diventare migliore, come tu mi vuoi”
Ritenersi in grado di fare qualsiasi cosa pur di non perdere l’altro acquieta il dolore e rinforza i tentativi di rivalsa narcisistica che mal tollera il rifiuto. È preferibile anche accettare l’intollerabile da parte dell’altro piuttosto che rischiare di stare soli quando la paura più grande risiede dentro di sé.
Purtroppo, spesso ci si accorge di essersi persi di vista e consumati solo dopo anni di sofferenza e infelicità con l’altro, ammantata da tinte dorate.
Love 24h – la sofferenza e l’angoscia abbandona rappresentata
Non è amore lo stato di totale annullamento di sé messo in scena dalla protagonista del cortometraggio dal titolo Love 24h, diretto dalla registra Angela Pepi.
Il corto riesce a rappresentare con estremo realismo lo stato sofferenza e di angoscia abbandonica che investe chi sente di non essere degno di amore ma ha la pretesa di riuscire nell’impresa di “guadagnarselo”.
Con le parole della regista:
“Love 24h’ nasce da qualcosa che avevo vissuto. Pian piano ho avvertito l’esigenza di trasformalo in immagini e parole e ho deciso di girarlo, dandogli una cornice. Voglio raccontare quanto sia doloroso annullarsi per amore. Quanto sia rischioso distruggersi, senza dare fastidio, in silenzio. Scomparire.”
Il corto si svolge all’interno di una camera da letto dove una coppia sui trent’anni prova a sfuggire al calore estivo lasciandosi rinfrescare dal ventilatore.
Lui dorme, lei è seduta sul letto e pensa ad alta voce come evitare di dargli fastidio con la sua presenza e nel mentre inizia il suo lento processo lungo una spirale verso il fondo che la porterà a non esistere. Si sforza di interpretare i desideri del suo partner così da provare a soddisfarli:
“posso essere quello che vuoi, però ti prego, non mandarmi via”.
Lui non si accorge di essere rimasto solo nel letto, non la cerca. Ignora i tormenti che la affliggono o forse si diverte ad innescarli. Davanti agli amici la corregge e deride ma lei giustifica il suo comportamento:
“ho capito che mi ami così tanto da non potermi lasciare così come mi hai trovata: imperfetta.”
Lei sceglie di osservarlo seduta su una sedia poco distante così da scrutarne ogni possibile movimento che possa essere letto come il segnale di un desiderio da esaudire ancora prima di essere verbalizzato.
Perdersi nel mal d’amore o cambiare finale… non è facile
È un cortometraggio forte che descrive alla perfezione come si sente chi soffre di questa forma malsana d’amore che lentamente impoverisce l’animo fino alla perdita di sé.
Rispecchiarsi nella profonda inquietudine della protagonista che si dedica h24 al suo partner lasciando sé stessa in ombra, può forse aiutare chi vive lo stesso dramma a risvegliare la voce interiore che vuole essere ascoltata e salvarsi dal baratro nel quale la Dipendenza Affettiva l’ha fatta sprofondare.
Si può sperare in un finale diverso ma occorre decidere di intraprendere il percorso non facile, lungo e impegnativo che porta alla guarigione. Ed indirizzare nel concreto tutte le proprie energie sul proprio benessere.
Uscire dal circuito disfunzionale della Dipendenza Affettiva si può ma la rinascita richiede un vero e proprio investimento su di sé.