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Terapia

La Noia: uno stato d’animo o un’emozione?

Definire la noia non è “cosa” facile

Ognuno di noi si sente o si è sentito, a volte o in alcune circostanze o nelle medesime quando sono rivissute, annoiato. È forse più facile parlare di noia che definirla o altro e, ancor più difficile, è parlare o, come ora, scrivere di noia senza annoiare chi legge.

La noia si presenta ogni giorno, può essere “dentro di noi” o generata da un evento “esterno a noi”, è sottovalutata, psicologicamente negativa e, in senso scientifico e clinico è considerata come la “Cenerentola” delle emozioni (Sandi Mann).

La nascita della parola Noia

In origine, la noia era l’accidia, intesa come uno stato di pigrizia, di passività, una condizione transitoria o duratura di insoddisfazione frustrante, deludente verso la realtà sentita come senza significato.

Storicamente, secondo il Cristianesimo, l’accidia era considerata opposta all’amore creatore, vale a dire all’amore di Dio verso l’umanità e fu condannata da Tommaso d’Aquino (filosofo, teologo, religioso e santo) che la definì “tristitia saeculi”, cioè la tristezza del mondo.

Sempre secondo la Dottrina Cristiana,

“l’accidia o pigrizia spirituale giunge a rifiutare la gioia che viene da Dio ed a provare repulsione per il bene divino”

e si configura come uno dei sette peccati capitali.

Anche Dante Alighieri parla di accidia, che riprende da alcune definizioni teologiche, in accordo con l’idea che sia uno stato peccaminoso, ma soprattutto un atteggiamento di scarso amore per il bene.

Il Sommo Poeta, dipinge gli accidiosi come anime tristi chiuse nel loro vivere spento e fiacco e li condanna a scontare la propria pena in Purgatorio, costringendoli a correre fino allo sfinimento, ad urlare e ad incitarsi a non perdere tempo a causa del loro “poco amore”.

Diversamente, Blaise Pascal (matematico e fisico, filosofo e teologo) indicava la noia come uno stato esistenziale, osservando che:

“La nostra natura è nel movimento. Il riposo totale è la morte” e ancora: “nulla è insopportabile all’uomo quanto essere in un completo riposo, senza passioni, senza faccende, senza divertimento, senza un’occupazione. Avverte allora il proprio nulla, il proprio abbandono, la propria insufficienza, la propria dipendenza, il proprio vuoto” (Pensieri, Pascal).

Riflettendo, l’accidia divenuta noia può rappresentare la soggettiva mancanza di una meta, una sensazione di vuoto interiore e, parafrasando Giacomo Leopardi, “la madre del nulla” e, sempre secondo la visione del poeta, “la più sterile delle passioni”.

Per assurdo, Charles Baudelaire visse gran parte della vita contrastando il suo continuo “annoiarsi”, a tal punto da affermare che “lavorare è meno noioso che divertirsi”.

Ironicamente o forse in modo sarcastico, Fedor Dostoevskij, in un breve passaggio, asserì che:

“alcuni volti si stagliavano in primo piano. S’intende che i pettegolezzi, la maldicenza avevano libero corso, visto che, senza di loro, il mondo non andrebbe avanti e milioni di persone morirebbero come mosche per la noia”

In tempi recenti, il Prof. Umberto Galimberti descrive la noia, avvicinandola soprattutto ai giovani, come

“la condizione che caratterizza ragazzi e ragazze del nostro tempo, afflitti da assenza di interessi, monotonia delle impressioni, sensazioni di immobilità, vuoto interiore, rallentamento del corso del tempo e quindi accidia”.

I Sinonimi della Noia

I sinonimi della parola noia sono molti, per cui indice di quanti significati emotivi possa essere investita una parola così breve.

Uno dei sinonimi è tedio, termine inusuale e poco verbalizzato ed è senza pietà, perché “affligge” persone adulte, anziane ma anche i bambini e gli adolescenti.

Proseguo con uggia, monotonia, inedia, apatia, così come insofferenza, insoddisfazione e, in aggiunta, fastidio, incomodo, disagio, molestia, seccatura, grattacapo, rogna.

E qui mi fermo.

Definizione e significato

In generale, la noia è descritta come il senso di insoddisfazione, di fastidio o di tristezza proveniente dalla mancanza o dall’ assenza, che può essere transitoria o immutabile, di un “qualcosa” che derivi da un soggettivo interesse.

L’inedia può nascere dall’ozio o dal sentirsi occupato in “cosa” monotona, percepita dalla persona come inutile e vana.

Per alcuni, si tratta di una generica noia profonda, così come per altri sia la noia dell’attesa.

A volte, il tedio è conseguente alla ripetizione di azioni uguali, nel senso che basti rammentare quante volte diciamo a noi stessi o ad altri “ho ripetuto fino alla noia”.

Altra definizione si riferisce a quando si mangia a sazietà e, ad esempio, si verbalizza che “il cibo è venuto a noia”, così come quando si genera in noi un senso di fastidio nei riguardi di altra persona e si afferma che quello o quella “mi è venuto o mi è venuta a noia”.

L’apatia può altresì essere considerata come una “disposizione abituale dell’animo”, al pari di una sensazione dolorosa interna, in altre parole taluni possono essere “malati” di noia.

Diversamente, la molestia può riferirsi a cosa o persona, come nel caso in cui “la luce troppo intensa mi dà noia” o in situazione nella quale “ciò che dice colui o colei mi dà noia”.

Esiste anche un valore concreto della monotonia, ovvero quando, per esempio, suscitata da una lezione scolastica o come un fastidio derivante da problematiche lavorative (quando diciamo le noie del lavoro).

Il parziale epilogo, è che possiamo inserire sinonimi e definizioni della noia, quotidianamente ed in numerosi aspetti della nostra esistenza e psicologicamente considerarli come “le noie della vita”.

Psicologia e Noia

Pochi sono i riferimenti bibliografici, in ambito psicologico, inerenti alla noia. Secondo il pensiero di A. Clancier, la noia sembra essere caratterizzata dall’attesa di qualcosa e dall’incapacità di tollerare la stessa e, nonostante le sensazioni di insoddisfazione e di infelicità che ne derivano, l’annoiato o l’annoiata non trovano “dentro di sé” un particolare stimolo o desiderio, per cui il malessere è conseguente all’assenza, reale o presunta, di “stimoli esterni” soggettivamente ritenuti intriganti o, al contrario, poco attraenti.

In questo senso, fondamentale è “l’identità personale”, in quanto racchiude “fattori interni o caratteristiche” differenti da persona a persona, per cui alcuni individui riescono a non provare noia in situazioni poco stimolanti e, viceversa, altri si annoiano seppur in contesti stimolanti, così come altri ancora, secondo Gray e Wilson definiti sensation seekers, ricercano un livello alto di stimolazioni perché tendono ad annoiarsi.

Antonello Correale, psichiatra e psicoanalista, puntualizza la noia

“come l’esperienza soggettiva di una mancanza, parziale o totale, di autenticità nei rapporti”

In altre parole, chi si annoia avverte persone ed oggetti come scarsamente vitali, indi può nascere in lui un vissuto di “mancata autenticità” (od originalità) di sé stesso, vissuto che può essere proiettato negli individui con cui si relaziona, sentendosi così avvolto dalla noia perché, o si considera un “individuo deludente”, oppure si vive come “individuo deluso dagli altri”.

Riferendomi al pensiero psicologico recente, John Eastwood sostiene che l’origine della noia sia “lontana dall’assenza di stimoli esterni”, ma che sia generata da una mancanza di contatto della persona con il proprio “mondo emotivo interno”, dentro il quale l’individuo fatica a riconoscere e a sentire il proprio stato d’animo, per cui spesso si affida a sollecitazioni provenienti dal “mondo esterno” che suscitano, in lui, il senso dell’annoiarsi, in una sorta di “noiosa attesa” di qualcuno o di qualcosa.

Ancora, John Eastwood suggerisce due tipologie di “personalità tendenti alla sofferenza da noia”, ossia quelle con una mentalità naturalmente impulsiva che ricercano di continuo nuovi stimoli, perché ritengono la realtà in cui vivono poco stimolante (avvicinabili ai sensation seekers di Gray e Wilson) e quelle con una mentalità naturalmente timorosa che, al contrario, considerano la loro realtà pericolosa, per cui si rassicurano restando emotivamente immobili.

Emerge quanto i due temperamenti, impulsivo e timoroso, siano decisamente opposti.

Entrambi potrebbero sfociare in atteggiamenti cronici e problematici, il primo a causa della “costante ricerca” del non annoiarsi, mentre il secondo a causa della paura, così da “rimanere fermi” ed annoiarsi sempre o quasi.

Gli adolescenti si annoiano di più?

La società in cui viviamo o, meglio, all’interno di essa, la noia ha quasi unicamente un’accezione negativa, in considerazione degli innumerevoli “stimoli provenienti da ogni dove” che incitano, soprattutto i giovani, al divertimento e al godimento della vita, per cui appare impossibile che un ragazzo o una ragazza si annoi, avendo a disposizione “tutto ciò che serve per svagarsi”.

Facilmente, gli anni che precedono l’età adolescenziale sono caratterizzati da un significativo impegno scolastico, ovvero lezioni dal mattino al pomeriggio e l’esecuzione dei compiti assegnati, da corsi oltre la scuola, da attività sportive e o da lezioni di musica, da impegni familiari settimanali, del sabato e della domenica.

Il tempo deve sempre essere occupato, i “momenti di vuoto” non possono esistere e la noia è temuta e scarsamente tollerata, indice di qualcosa che non funziona.

Il “bambino molto impegnato”, è inevitabile, cresce, attraversa la pre adolescenza e raggiunge, per lo più senza avere realmente conosciuto e vissuto la “nemica noia”, l’adolescenza, un periodo della vita significativo e delicato, complesso e per certi versi contraddittorio, vitale ed audace ma anche transitoriamente caratterizzato da “poco interesse verso il mondo”, per cui non è raro che i giovani vivano momenti di “preoccupante noia” che si traduce, sovente, in un calo del rendimento scolastico e o in una chiusura relazionale.

Gli amici, nella fase adolescenziale, assumono un ruolo primario, pertanto può accadere che il gruppo dei pari possa condizionare il singolo nei “periodi noiosi”, proponendo soluzioni rischiose o stimoli talvolta pericolosi ed eccessivi, per combattere il peso della noia e, in senso generale, possono affiorare comportamenti non costruttivi come il consumo di sigarette, di alcool o di sostanze.

Secondo una visione più ampia, è come se l’adolescente fosse impreparato ad affrontare, vivere o tollerare lo stato d’animo o l’emozione della noia, in quanto è cresciuto evitandola o soffocandola, oppure sottovalutandola o, all’opposto, sopravvalutandola.

In senso paradossale, molti genitori hanno la convinzione che sia necessario riempire costantemente la vita dei figli oltre l’impegno scolastico, così che essi possano essere preparati e competitivi, pronti per le difficili sfide imposte da una società, la nostra, incentrata sulla prestazione, trovandosi poi, loro stessi, impreparati e preoccupati, impauriti di fronte alla sconosciuta ma naturale noia del figlio ora adolescente, in quanto adesso, il figlio, non è più “protetto” dalla noia, perché mancano i molteplici impegni scolastici e non, che hanno caratterizzato e “protetto” la sua infanzia e la sua pre adolescenza dal vivere il tedio.

Possiamo pensare alla noia, viverla come una sensazione emotiva, al pari della tristezza o della gioia, della paura, della rabbia, dell’angoscia, della malinconia o della solitudine e come tale può essere affrontata, compresa e non solo pensata e sentita unicamente come stato d’animo negativo.

In fondo, in alcuni momenti i ragazzi possono apprezzare “il dolce far niente”, fermarsi e riflettere riguardo sé, gli altri e la vita, pensare alla fidanzata o al fidanzato, sognare “ad occhi aperti”, leggere un libro, ascoltare musica o stare con gli amici soltanto per stare con loro.

Il compito genitoriale è complesso e lo è ancor di più verso un figlio adolescente, ancora acerbo e insicuro nei confronti della vita ed è legittimo che un padre o una madre si allarmino di fronte “all’ annoiarsi” del futuro adulto, così come è essenziale accettare anche questi momenti o fasi semplicemente per quello che sono, cercando di avere un’equilibrata distanza emotiva, sia dal ragazzo o dalla ragazza che dalla noia e di mantenere sempre “aperta” la comunicazione.

Quanto esposto non è esclusivo dell’adolescente, emotivamente fragile ed influenzabile, seppur tendenzialmente più soggetto ad annoiarsi, ma può riguardare anche i giovani oltre la fase adolescenziale, i bambini e gli adulti, perché le persone si annoiano a qualsiasi età.

Riflessioni conclusive

L’impressione è quella che la noia, vista nel suo insieme, appartenga inevitabilmente alla vita, sia essa percepita come uno stato d’animo, un’emozione o derivi da una personale insoddisfazione, che sia dentro o all’esterno di noi, momentanea o come tratto caratteriale dominante e solo problematica o stimolante, tollerabile o svilente, in altre parole, quasi sempre ha una connotazione negativa.

La consuetudine esistenziale può si condurre una persona verso la noia, ma, allo stesso tempo, può essere uno stimolo creativo per allontanarsi da questa spiacevole, difficile sensazione ricercando soluzioni alternative, così da assaporare la noia piuttosto che sfuggirla, per cui, citando Sandi Mann

“se non troviamo lo stimolo nel mondo esterno, guardiamo nella nostra mente” e questo “ci permette di mettere in moto l’immaginazione e di iniziare a pensare in modo diverso”

John Eastwood, mostra meno entusiasmo verso il successo della “psiche” umana sulla profonda origine della noia, affermando che fuggire da essa attraverso effimere gratificazioni non sia risolutivo, in quanto è primario conoscere le nostre emozioni, capire “cosa sentiamo” e “cosa esse ci spingono a fare”.

Tornando a Sandi Mann, sappiamo che annoiarsi è uno stato d’animo potenzialmente negativo, pericoloso e da non sottovalutare, ma anche che può rivelarsi una spinta grazie alla quale possiamo scoprire le nostre capacità, i nostri talenti o le nostre attitudini, perché, secondo lei:

“La creatività nasce dal vuoto”.


Sono psicologo laureato in Psicologia Clinica e di Comunità presso l’Università degli Studi di Bologna, specializzato in Psicoterapia ad Orientamento Psicodinamico, presso la Fondazione Bonaccorsi di Milano. Ho maturato esperienza clinica anche in ambito domiciliare, scolastico e comunitario. Sono collaboratore interno presso il Centro Dipendiamo, nello specifico referente per la dipendenza affettiva, sessuale e da internet, occupandomi di psicoterapia individuale a medio e lungo termine e di gruppo verso adulti ed adolescenti.


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